Tommaso Paradiso non è più indie. Non è nemmeno ItPop. Tommaso Paradiso è Dolce & Gabbana.

La prima volta che ho sentito nominare Tommaso Paradiso, un paio di anni fa, ancora non sapevo che sarei finita nel vortice della musica cosiddetta “indie”. Che poi ormai è “ItPop”. Che poi per quel che mi riguarda sono canzoni italiane e stop. Sempre a etichettare tutto, ecchecavolo. Alcune più elettroniche, altre che mi fanno ricordare le sonorità degli anni Ottanta, sono canzoni. Di cui tantissime, tra l’altro, mi hanno fatto riflettere su un po’ di cose (vedi La fine dei vent’anni, oppure Trentenni), altre mi hanno meravigliato per le loro rime.

Insomma, dicevo.

Quel vortice tale per cui inizi ad ascoltare Tommaso Paradiso e finisci a blaterare con i tuoi amici di una rima dei MaDe DoPO (Management del dolore post operatorio), in un delirio di canzoni che Spotify ti propone una via l’altra perché ha capito benissimo che ci sei sotto. I tuoi amici anche l’hanno capito, ma non lo concepiscono, e citare strofe assurde e altrettanto poetiche prende il doppio del gusto.

Finché non prendi a vai al concerto dei The Giornalisti, fantasticando di un Tommaso che legga la tua dedica su Instagram: “Tommy ho io la tua camicia…e anche il tuo maglione blu!” e che ti chieda di uscire, mandandoti un vocale dove dice che è tardissimo, sta tornando a casa ed è completamente fatto di te.

Beh, nulla di tutto ciò.

Se non un Forum di Assago strapieno, pieno di un pubblico che è tutto fuorché quello un po’ hipster che frequenta posti (fighissimi, anche se non sono molto in target, li apprezzo comunque, come il Rocket o il Serraglio): ci sono ragazzine urlanti, che manco al concerto degli One Direction. Mischiate probabilmente a tante altre persone che Tommaso lo seguono da quando suonava allo Spazio Musica a Pavia (mi dicono..) davanti a 4 gatti.

E allora Tommaso è un venduto,

perché è diventato commerciale, perché si è piegato alle logiche del marketing, perché ha iniziato a fare canzonette da tormentone estivo….

E allora Tommaso risponde

a tutto ciò ingranando ancora di più la marcia, suonando al concerto di Radio Italia, facendosi beffe di chi lo considera troppo commerciale.

Ora, senza entrare troppo nel dettaglio di pro e contro, indie o non indie, che non mi compete affatto, qui il punto è che a criticare, esclusi pochi puristi che amano troppo la nicchia per vedersela aprire a un pubblico indesiderato, sono quelli che secondo me al posto di Tommaso vorrebbero esserci.

Perché cari amici miei, chi fa musica, la fa per farla sentire. E farla sentire non solo a 4 amatissimi, affezionatissimi ed apprezzabilissimi gatti, ma a più gente possibile. Tutti sognano il grande pubblico. Magari non San Siro, ma un passaggio su una Radio Famosa, un concerto bello pieno, messaggi d’affetto dai fan.

Non nasce forse, la musica, per raccontare qualcosa?

Così come i libri più ignoti non hanno colpa di diventare famosi e “mainstream”, non ha colpa la musica di incontrare i gusti di tanti. Probabilmente vuol dire che è più orecchiabile, più semplice, più accessibile, meno criptica, magari perde un po’ di significato e di “elitarietà” per aprirsi a un pubblico più vasto, ma non per questo deve fare schifo.

Mi piacerebbe che la vedessimo in un altro modo: tante ragazzine che dopo essersi intasate il cervello con Despacito (e pure io, ora che mi ci fai pensare), abbiano preso in considerazione un panorama musicale, quello italiano, che personalmente davo quasi per morto, irrecuperabile, incapace di raccontare qualcosa di nuovo ai più, con i soliti vecchi storici e niente di più a tenerne le fila ( più il dio Cesare [Cremonini, ndr], lui è sopra tutto). Per me, che ascoltavo solo musica straniera e semmai Vasco, Cremonini e gli Articolo31 e che non ho mai affidato le mie speranze riguardo la musica italiana ai cantanti di Amici, è un gran bel passo avanti.

Perché diciamocelo.

Per fare davvero tendenza non vale partire dalla tv con mamma Maria. Bisogna sbucare dal nulla, salire dal niente. C’è bisogno di farsi anni di anonimato e di concerti in locali in cui la gente è più concentrata sul cocktail che su di te, per poi vedere come agli italiani bastasse una canzone che rappresentasse quello stato malinconico in cui siamo capitati tutti, “non ho più fame, lasciami bere, baciami adesso anche se piove, solo così sto tanto bene…”.

Per fare davvero tendenza serve questo percorso, che fa, in fondo, tanto indie. Poi, serve anche essere boni. parecchio boni. L’attitudine da bono proprio.

In fondo, l’hanno capito anche Domenico e Stefano. E che il mainstream sia con voi.

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Pic RockIT

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